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Meditazione del sabato, Monastero di Bose

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paroledivita

7 settembre 2019

Lc 6,1-5

1 Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». 3Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». 5E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».


Nel suo camminare senza sosta Gesù passa per i campi di grano accompagnato dai suoi discepoli, che nel loro incedere stropicciano con le mani le spighe per separare i chicchi dalla pula. Un gesto semplice che però, fatto di sabato, fa levare le rimostranze dei farisei. L’infrazione rimproverata ai discepoli non consiste tanto nello strappare le spighe, cosa consentita dalla Legge, ma nel farlo in giorno di sabato. Il sabato è per ogni figlio di Israele tempo del riposo, memoria della creazione. “Grandezza inaudita del sabato! Il sabato celebra la libertà, la dignità e l’uguaglianza di ogni essere umano, al di là che si tratti di un forestiero, o di un oriundo. Che si tratti di un padrone o di uno schiavo. Questo giorno affratella tutti, nella certezza che la vita non viene dal guadagno che si estrae dal lavoro, ma dalla grazia che passa attraverso il lavoro e lo redime dai suoi frutti di ingiustizia … Il riposo del sabato ricorda la prima grande opera di Dio, l’atto in cui veramente Israele è stata ‘creata’: l’esodo dall’Egitto, la consegna alla libertà” (R. Virgili).

Gesù conosceva il valore del sabato e risponde ai farisei evocando l’episodio narrato dalla Scrittura in cui David e quelli con lui, in un caso di bisogno, fecero ciò che non è lecito mangiando i pani dell’offerta che solo ai sacerdoti era consentito mangiare. Perché allora accusare i suoi discepoli? È la Scrittura stessa che li giustifica! Siamo di fronte a due modi di interpretare la Legge: a un’interpretazione stretta, analitica, minuziosa, Gesù oppone un’interpretazione che discerne prima di tutto lo spirito della Legge e da questo si lascia guidare in un’attualizzazione scritturistica di più ampio respiro, liberante. Il suo atteggiamento appare essere dominato da una grande libertà. Potremmo dire: una libertà liberatrice. Obbedienza alla Legge non legalistica e letteralistica, ma ordinata alla relazione con Dio per risalire alla volontà stessa del legislatore, il quale vuole che l’uomo viva e il sabato sia per lui. Libertà quindi che non abroga ma compie, e obbedienza che non spegne, ma è creativa e liberante.

L’episodio finisce con un’affermazione netta di Gesù: “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”. L’amore e il servizio degli altri, e degli altri nel bisogno, sono il fine cui l’obbedienza della Legge deve tendere e portare il credente. Non stupisce quindi che Gesù, dopo aver proclamato questa liberante distinzione tra mezzi e fine, affermi la sua signoria sul sabato. Egli stesso, con la sua persona e il suo agire nel giorno di sabato, ne svela il significato profondo e si propone come autentico realizzatore del comando sabbatico. Egli connota in questo modo la liberazione che è venuto a portare, azione liberante prima di tutto per i malati, che nelle guarigioni operate da Gesù proprio in giorno di sabato possono riconoscere il compimento della volontà divina di vita piena e di salvezza per l’uomo a cui Dio l’ha chiamato e destinato; compimento che sta a fondamento del sabato stesso. Gesù insomma ridà il sabato a quanti ne erano privi e restituisce a noi una Parola chiara: “Misericordia voglio non sacrificio”, ricordandoci che la vera violazione del sabato è l’offesa alla carità, il rifiuto di far misericordia.


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